“SPINELLA” E MOLTE ALTRE AZIENDE RISCHIANO DI ANNEGARE NELLE ACQUE DEL CARO BOLLETTA

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Per la storica pasticceria, da decenni una delle più quotate della città di Catania, arriva una bolletta relativa all’energia elettrica pari a 27.000 euro: si rischia di chiudere i battenti

«Avevamo avvertito alcuni rincari già all’inizio del 2022, ma le cose, man mano che passano i mesi peggiorano, e da giugno la situazione è diventata insostenibile. A luglio siamo arrivati a dover fare i conti con una bolletta dell’energia elettrica triplicata rispetto ai mesi precedenti. Prima arrivavano bollette di 8.000 euro mensili, adesso siamo arrivati a 27.000 euro».

Queste le parole di Antonio Di Mauro, proprietario dello storico Bar-Pasticceria Spinella, fondato nel 1936 nel cuore pulsante della città, la via Etnea, da Gaetano Spinella, talentuoso e intraprendente mastro pasticcere. Ancora oggi, dopo tanti decenni, la pasticceria Spinella gode di fama internazionale.

«Quest’estate ci ha aiutati il turismo – aggiunge ancora Di Mauro – ma ora siamo alle soglie dell’autunno e la scelta giusta è chiudere. Mi dispiace molto per i miei dipendenti, ma rimanere aperti significa cadere in una voragine e non venirne più fuori. Significa essere costretti a chiedere un prestito alle banche ma così non risolveremo nulla. Sono i politici che devono risolvere questa situazione. Io faccio il mio lavoro e loro devono fare altrettanto».

Antonio Di Mauro non è l’unico a fare appello ai politici, e le aziende in crisi a Catania non si contano più. Giorno 11 settembre è arrivato l’annuncio di Acciaierie di Sicilia, società del gruppo Alfa Acciai, che ha deciso di fermare l’attività per due settimane nello stabilimento di Catania che produce tondini per il cemento armato. L’azienda aveva riaperto i battenti da una settimana, dopo la chiusura d’agosto e la sospensione attuata a giugno e luglio.

Tra diretto e indotto l’attività sita nella zona industriale occupa 500 persone. «L’azienda è in crisi per il caro-energia. Catania e tutta l’Isola rischiano un nuovo dramma occupazionale e sociale, e il governo continua a non intervenire», scrivono le segreterie territoriali di Uilm e Fiom, sottolineando che in Sicilia e Sardegna i costi dell’energia sono superiori a quelli di altre aree del paese. Per l’Ugl di Catania «la situazione è oltre il dramma, l’incremento di spese supera il 200%».

Questa situazione, però, non riguarda soltanto la Città di Catania e la Sicilia, bensì tutta la penisola italiana, l’Europa intera, l’intero pianeta. Nell’era della globalizzazione è una follia non pensare in modo sistemico. Noi esistiamo perché esiste l’Europa e il Vecchio Continente esiste perché esiste il mondo. E dovrebbe essere questa visione a guidare come un faro i governanti di tutto il mondo, ma di fatto non è così.

«La globalizzazione ormai è un dato di fatto. Ma penso che abbiamo sottostimato la sua fragilità».

È questa una frase famosa dello statista Kofi Annan, diplomatico ed ex Segretario Generale delle Nazioni Unite ghanese, morto nel 2018. Parole ancora attuali tanto quanto lo è l’abitudine distruttiva dell’essere umano a vivere in guerra con i suoi simili, riciclando gli stessi che si perpetuano fin dall’inizio della storia dell’uomo. Con conseguenze che devastano tutti gli Stati, nessuno escluso.

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Kofi Annan – Foto: Kofi Annan Foundation

La guerra che è scoppiata il 24 febbraio di quest’anno, infatti, non ha coinvolto soltanto le due potenze protagoniste, ma con una sorta di effetto domino ha coinvolto, e sconvolto, tutti gli altri Stati, sferrando un colpo durissimo all’economia mondiale. Dopo l’attacco della Russia all’Ucraina l’aumento generale dei caro prezzi ha dato il via a una crisi economica che ha fatto sanguinare l’intera Europa e che rischia di diventare ingestibile.

Già da quest’inverno si prospettava un panorama allarmante, considerata già la situazione di crisi antecedente l’attacco russo. A gennaio l’indice delle quotazioni delle materie prime non energetiche ha continuato a crescere, attestandosi su un livello superiore del 45% a quello precedente l’inizio della pandemia. Più nei dettagli, anche il prezzo dell’acciaio, che già aveva fatto segnare il suo massimo storico nel novembre 2021, è poi arrivato a un +54% sulle cifre pre-Covid; l’alluminio è a +65%, a seguito dell’impennata di gennaio; il rame, a +55/60% rispetto all’inizio del 2020, mentre stagno e nichel continuavano a correre (+139% e +61%). Materie plastiche ed elastomeri, infine, hanno un indice sintetico sul mercato europeo di gennaio pari al 34% in più rispetto a due anni prima.

Ma in molti temevano che a provocare maggiori danni all’economia italiana e all’economia mondiale sarebbe stato il caro sull’energia elettrica. Dalla Russia, infatti, dipende il 40% dei consumi europei di gas (utilizzato anche per la produzione di elettricità), quindi una chiusura dei rubinetti per una ritorsione da parte di Putin avrebbe potuto mettere in ginocchio non soltanto l’Italia, che il Vecchio Continente, e non soltanto l’Italia, che sarebbe potuta rimanere senza 80 milioni di metri cubi di gas, pari quasi a un quarto del consumo medio giornaliero, ma l’intera Europa, incapace di supplire in tempi rapidi alla carenza di fornitura. Ad oggi i timori della maggior parte degli esperti dell’economia e della finanza si sono rivelati fondati, in quanto il quadro generale delle imprese non lascia sperare in una rapida e indolore.

Secondo le stime di Confartigianato il caro-energia mette a rischio 881.264 micro e piccole imprese con 3.529.000 addetti. Il numero dei dipendenti che sono in procinto di perdere il loro posto di lavoro sarebbe pari al 20,6% dell’occupazione del sistema imprenditoriale italiano.

«La regione più esposta ai disastrosi effetti del caro-energia sull’occupazione delle piccole imprese è la Lombardia: a rischio 139mila aziende con 751mila addetti». Poi Veneto (dove a soffrire sono 77mila piccole imprese con 376mila occupati), Emilia-Romagna (72mila con 357mila occupati), Lazio (79mila con 304mila occupati), Piemonte (62mila con 262mila occupati) Campania (77mila con 240mila occupati), Toscana (63mila con 228mila occupati), Puglia (57mila con 177mila occupati) e Sicilia (63mila con 165mila occupati)».

Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e Protezione Civile del Comune di Milano, e presidente di Confartigianato, fa appello ai nostri governanti, con queste parole.

«Servono interventi immediati ma anche altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare una crisi senza precedenti, rischiamo una vera e propria ecatombe delle imprese», afferma allarmato Granelli.

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Marco Granelli

Ma ad essere penalizzate a causa della riforma della tassazione, che oggi tocca il 51% della bolletta sono i pesci piccoli del mare dell’imprenditoria. Paradossalmente le piccole imprese pur consumando di meno sono costrette a far fronte a un numero maggiore di oneri.

La guerra ha dunque assestato un duro colpo all’architettura economica dell’Europa, già martoriata dalla pandemia da Covid-19 e da una crisi che si trascina ormai da quasi due decenni. E come sempre a farne le spese sono i piccoli imprenditori e il popolo.

«C’è stata una mutazione capitalistica e tecnologica di effetto obbligato: ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri»: questo è quanto affermava Giorgio Bocca, scrittore e giornalista italiano morto nel dicembre 2011.

In questo periodo difficile si auspica che i governanti possano prendere in mano le redini della situazione guidati dal faro dell’etica e da una visione sistemica dei rapporti fra gli Stati. Interdipendenza non è soltanto una parola, ma un valore dal quale non possiamo più prescindere.