LE ELEZIONI AI TEMPI DEI SOCIAL

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Gli influencer “pesano” più dei leaders politici sempre pronti a cambiare casacca (ma nemmeno esistono più i partiti). Un trend che non può essere invertito, e che segna il cambiamento dei fenomeni politici e della comunicazione

È rimasta famosa una delle sue battute ne Il sesto senso, “Vedo la gente morta”, spesso citata in numerosi contesti, come il “lungo” periodo elettorale che sta affrontando la Sicilia: elezioni politiche nazionali e regionali 2022. Il giovane attore statunitense, Haley Joel Osment è il protagonista sui social network di un meme ironico raffigurato nella scena famosa del film, ma con la frase “Vedo la gente candidata”.

Già assistiamo a ciò che Carducci definiva così già circa 140 anni fa: «Trasformismo, brutta parola a cosa più brutta. Trasformarsi da sinistri a destri senza però diventare destri e non però rimanendo sinistri», per meglio capire, la nostra è la Repubblica del Trasformismo. Il concetto di trasformismo nasce nel 1882 per mano del leader della sinistra di allora, Agostino Depretis, che, da presidente del Consiglio, aveva deciso di aprire alla destra. Tutti questi cambi di casacche, riappacificazioni sotto elezioni, tutta questa “incoerenza” dei nostri politici è giustificata dal fatto che è una scelta atta a garantire l’unità del Paese. Ma di fatto è così?

Oggi, però, non ha più senso parlare di “cambiare casacca”, dal momento che non ci sono più i partiti solidamente strutturati su precise basi ideologiche programmatiche molto solide, che fornivano nel passato una affidabile base di riferimento agli elettori. Nella nostra società, conta più di tutto il carisma personale del singolo leader, in qualche caso fondato più sulla sua abilità affabulatoria, che sulla consistenza e coerenza del programma da lui presentato. Se poi il leader carismatico abbandona (o è costretto ad abbandonare, magari per campagne diffamatorie che sono un classico) il suo posto, milioni di elettori si trovano “orfani” politicamente, con la sensazione di essere stati delusi. Assistiamo quotidianamente a liti, diffamazioni, promesse utopiche, ma la cosa peggiore è l’esempio che questi politici danno alla gente comune: la legge del più forte che si fa strada con arroganza e presunzione.

Ma il vero problema è da ricercare a monte: l’ignoranza è la forza che ci governa!

Non è un’offesa rivolta a qualcuno, ma un dato di fatto. Tenendo conto che il 33% degli italiani tra i 15 e i 64 anni ha solo la licenza media e poca dimestichezza in lettura e matematica (in totale il 39% degli italiani non ha un diploma), è anche vero che ci riferiamo ad un’enorme disparità tra Nord e Sud, tra zone e zone, tipo centro e periferia. Non è un problema culturale ma, come vuol dimostrarsi, è questione di democrazia. È semplicemente una questione tutta politica. Basterebbe pensare di investire nella scuola i soldi buttati in manovre di propaganda, come quella attuale: cambierebbe tutto invece d’ironizzare sui banchi a rotelle. Ci vorrebbe una classe dirigente capace, ci vorrebbe gente dallo sguardo lungo che riesca a guardare oltre accordi e disaccordi elettorali, gente di cultura, per l’appunto. Ed evitare ancora tagli alla scuola.

Quando parliamo di ignoranza al potere, ovviamente, mettiamo sotto la lente d’ingrandimento la stragrande maggioranza dei candidati. Parlando di “ignoranza politica”, spesso è gente che ha fatto altro nella vita, persone comuni che non hanno mai frequentato sezioni di partito, comitati o altro, cioè si trovano “catapultate” a” fare i politici”. Già perché è ciò che si sentono: non esistono più i “riempi-liste”, adesso tutti hanno l’arroganza di voler fare, convinti di poter ambire alla “poltrona”, anche se non sanno cosa fare o dove mettere le mani.

Ma la cosa che lascia più attoniti, in questa tornata elettorale, è l’uso massiccio dei social network. Adesso nel mirino anche l’uso di Tiktok per provare a cambiare le simpatie/antipatie e soprattutto l’apatia politica dei giovani. Ma probabilmente ciò che non va sottovalutato è che nella nostra società moderna, nominata 3.0, ci sono già re e regine dei social che riescono a muovere le folle: parlo degli influencer.

Gli influencer fanno parte del discorso pubblico e sono un mercato. È una nuova professione, quella dei “Ferragnez”: su Instagram Chiara Ferragni ha 23,5 milioni di followers, 440.000 like di media con circa 1.700 commenti per ogni post e circa 1.800.000 visualizzazioni. Questa visibilità vale fino a 50mila euro per un post, il triplo del socio-marito Fedez. Un successo costruito a fatica che ha saputo trascinare l’intera famiglia. Il premier Conte, nella difficile fase della pandemia da Covid-19, si è rivolto proprio alla regina dei social italiana Chiara Ferragni per sensibilizzare i giovani sull’uso delle mascherine. Nei mesi scorsi i Ferragnez, hanno fatto molto parlare per i loro battibecchi sul Ddl Zan e con Matteo Renzi; di giorni fa la notizia delle critiche alla Meloni da parte della Ferragni. La società sta nettamente cambiando, forse è meglio dire, può essere un azzardo, che si sta evolvendo e noi tutti possiamo solamente adeguarci.

«Un governo che governa meno non è sempre il migliore sotto ogni aspetto. Però è la forma di democrazia meno vulnerabile all’ignoranza politica. Il controllo democratico dello Stato funziona meglio quando c’è meno Stato da controllare». (Ilya Somin – professore di diritto alla George Mason University School of Law. Le sue ricerche sono state pubblicate in numerose riviste accademiche, quali lo Yale Law Journal e la Stanford Law Review.)

Detto ciò, è facile porsi una domanda: se la democrazia è il governo da parte del popolo, ma può funzionare se il popolo ignora cosa fanno i governanti?

È palese che proprio il maggior problema delle democrazie contemporanee è la scarsa preparazione dei cittadini sul contenuto delle decisioni politiche. Ciò è facile da chiarire: molti elettori sono convinti che il loro voto non può cambiare l’esito di un’elezione e pertanto non sono incentivati a informarsi sulla politica.

«Io non ci vado a votare, tanto oramai si sono mangiati un paese!». Inoltre l’attività dello Stato è sempre più pervasiva e complessa: è scontato che gli elettori saranno incapaci di valutare le iniziative dei loro rappresentanti e si va avanti per simpatia. Promesse su promesse.

Un ritorno al passato sarebbe anacronistico, la società è “social network dipendente”. La Ferragni è una quasi laureata in giurisprudenza (ha interrotto a meno un esame per la carriera) ha fatto della propria schiettezza un ingrediente essenziale per le sue prese di posizione in vari settori, dal sociale alla politica. Da un po’ di tempo la politica è molto colloquiale ma sicuramente non è ai livelli dell’imprenditrice digitale.

Che la Ferragni possa essere la prossima degna rivale?

Questo è l’esempio che vediamo, in questi giorni, sulla scena politica nazionale: in Sicilia è amplificato per il voto per le regionali. Ma è vero delirio per tutti quei comuni, come Licata, che tra circa 9 mesi saranno impegnati per le elezioni amministrative. In molti già si stanno spianando la strada.

Concludo citando la frase, famosa, di Roy Batty nel celebre film Blade Runner: «ho visto cose che voi umani non potreste immaginare».