DAL 1981 SI CELEBRA LA GIORNATA PER LA DISABILITÀ: LA STRADA È ANCORA LUNGA

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Ignoranza e comunicazione malata veicolano messaggi che influenzano ciò che “disabilita i disabili”: la società stessa

La Giornata internazionale delle persone con disabilità che ricorre il 3 dicembre è stata indetta dalle Nazioni Unite dal 1981, anno che venne per intero dedicato al tema. La Giornata mira ad aumentare la consapevolezza verso la comprensione dei problemi connessi alla disabilità e l’impegno per garantire la dignità, i diritti e il benessere delle persone con disabilità.

Ogni anno l’ONU sceglie un’area tematica, quest’anno il tema è: “Innovazione e soluzioni trasformative per lo sviluppo inclusivo“, coprendo tre diversi argomenti tematici:

  • Innovazione per lo sviluppo inclusivo della disabilità nell’occupazione
  • Innovazione per lo sviluppo inclusivo della disabilità nella riduzione della disuguaglianza
  • Innovazione per lo sviluppo inclusivo della disabilità: lo sport come caso esemplare.

L’inclusione delle persone con disabilità è una condizione essenziale per sostenere i diritti umani, lo sviluppo sostenibile, la pace e la sicurezza. Ma per molti versi è una vera utopia.

Il, vero, impegno deve essere impiegato a realizzare i diritti delle persone con disabilità: non solo è un investimento per il futuro, ma una questione di giustizia sociale sottovalutata.

La verità è che la nostra società contemporanea è “malata” ed ignorante. Vede chi è diverso da noi, inferiore e da bullizzare o peggio da emarginare.

La “diversità/disabilità” fa paura, ciò può essere perché sull’argomento si è ignoranti nel senso che non si conoscono molto bene, o per niente, le varie problematiche.

Dall’ignoranza non sono immuni nemmeno le “celebrità”: anzi, nell’era della “telecrazia” un certo modo di fare televisione ha volutamente “sdoganato” l’ignoranza stessa dandole fierezza, orgoglio e piena cittadinanza. Fenomeno che si è poi ripetuto – amplificato – sui social.

Si pensi, a mero titolo esemplificativo, al caso posto in evidenza alcuni giorni addietro dal blog “Qui non è Marte” (raggiungibile all’url https://mumonboardblog.wordpress.com/) in merito alla puntata intitolata “104” del podcast “Muschio Selvaggio”, condotto da Fedez e Luis Sal. Con ospite il noto Tiktoker Emanuel Stoica, portatore di disabilità, durante tale episodio non si sarebbe lesinato (sottolineando «è Emanuel il limite», come se l’ospite fosse unico valido interprete del mondo della disabilità e delle sensibilità ad esso correlate), come riferito dal blog, in affermazioni come «parlavamo di disabili donne che vogliono essere scopate!» (Fedez, in merito al Disegno di legge sull’assistenza sessuale ai portatori di disabilità, risalente al 2014) con Stoica che gli fa eco affermando «almeno non dice “stai ferma”» (alludendo alle difficoltà di movimento delle portatrici di disabilità motoria).

E senza volerci qui soffermare sull’ovvietà del rispetto del consenso e del fatto che qualsiasi donna, disabile motoria o non, non subisce i rapporti sessuali (ai quali ha pieno diritto, come intende la ratio di tale Ddl), bensì ne deve essere parte attiva (altrimenti è violenza sessuale), passiamo alla successiva affermazione dello stesso Emanuel Stoica, che avrebbe statuito (sempre secondo il blog “Qui non è Marte”) «una persona disabile ha più vantaggi rispetto all’80% degli italiani – aggiungendo poi – quando tu, prendi più di 1000 euro al mese chi ti dà voglia di trovare un posto di lavoro?».

Libero Stoica di sentirsi un “privilegiato” (ammesso e non concesso che tale sia il suo sentimento), e anche senza stare qui ad approfondire quanto quei soldi – spesso cifre molto inferiori a quella menzionata da Stoica – siano sempre insufficienti al consentire alla persona con disabilità una vita decente, e pur sempre caratterizzata da deprivazioni e disagi che nessuna moneta al mondo può compensare, ma è evidente che in queste affermazioni sono proprio ignoranza, pregiudizio, luoghi comuni a pesare. In una comunicazione multicentrica in cui ognuno si sente autorizzato e titolato ad esternare qualsiasi cosa, si finisce con il diffondere alle masse una visione parziale e distorta della realtà, in cui a prevalere sono schemi e nozioni arretrate, triviali e brutali, che riducono la persona con disabilità ad un soggetto subumano.

Non andrebbe ribadito: così non è. E se la comunicazione è malata e fuori controllo, una innegabile responsabilità, in specie in Italia, è da additare a quanti comunicano, e – a monte – alle agenzie educative. Chiudendo il cerchio, la dedizione del maestro Manzi e la geniali intuizioni del compianto giornalista siciliano Federico Scianò, Direttore di Rai Educational, sembrano lontane anni luce.

L’integrazione sociale, e in essa le relazioni amicali, sentimentali e lavorative, è costantemente minacciata e compromessa dall’ignoranza che genera pregiudizio e consolida luoghi comuni. I disabili si trovano intrappolati in un “limbo”, con la ricerca di lavoro lunga, complessa ed avvilente (in barba alle normative che obbligano le medie e grandi aziende ad assumere portatori di disabilità, al pari degli enti pubblici – gli unici in cui, nei limiti dei pochi posti disponibili, i disabili trovano impiego), la quale si finisce con l’abbandonare, accettando rinunce e deprivazioni derivanti (oltre che dalla propria condizione specifica) dallo scarso reddito erogato dallo Stato. Con enormi e devastanti conseguenze psicologiche. Non sono pochi i casi di persone con disabilità che – pur di potersi mettere in gioco, lavorare, essere attive ed utili – una volta ottenuto un impiego lo hanno preferito pur consapevoli di riceverne un reddito inferiore a quello (pur – va ribadito – già basso) garantito dalle misure pubbliche.

Spesso, mi capita di poter collaborare con i giovani (scout, ACR, scolaresche) e spiegare le cose tipo: cos’è la disabilità, come vivo la mia vita con la mia disabilità etc…

Sono uneducatrice con una disabilità evidente, provo sulla mia pelle ciò che scrivo e dico. Le persone vanno sempre educate alla diversità ed i giovani sono gli adulti di domani.

«I bambini di oggi sono gli adulti di domani, aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi, aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi, aiutiamoli a diventare più sensibili. Un bambino creativo è un bambino più felice». (Bruno Munari)