CARO ALDO CAZZULLO TI SCRIVO

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Ti scrivo dalla Sicilia, da quella regione dove ha votato alle politiche il 57,34% degli aventi diritto e che, quindi, ha attestato l’astensione al 43% circa.

Quella regione dove tutto funziona benissimo, dove l’amore per la politica e per il voto è incommensurabile. Quella terra dove, visti i risultati ottenuti in decenni di governi isolani virtuosi, il problema più grave rimane “il traffico”.

Eh sì, il traffico.

Lei perdonerà la mia analisi superficiale dei problemi siciliani, ma converrà che fa a pari con la sua quantomeno poco profonda analisi del dato dell’astensione in Sicilia esposta alla maratona Mentana: «il 43% dei siciliani ha disertato le urne a causa del maltempo».

Probabilmente è più credibile il risultato al quale giungo io, ispirata al grande Johnny Stecchino, della sua che invece è frutto di ben più alte esperienze e competenze. Probabilmente dovrei aggiungere un altro dato per dovere di completezza dell’informazione – «se andate a Palermo non toccate le banane» – ma non vorrei entrare troppo nello specifico.

Adesso però vorrei rientrare nei panni del cittadino siciliano che aspetta dal dopoguerra qualcuno che, finalmente, possa trattare questa nostra splendida isola come merita e non usarla solo come colonia votante, come fatto finora.

Mi permetta di suggerirle alcuni spunti di riflessione sul dato dell’astensionismo ormai cronico della Sicilia:

i fattori che determinano l’allontanamento dal voto in Sicilia sono tanti e vari e, sicuramente, tra questi non c’è il maltempo. I fenomeni politici, per fortuna, non si possono spiegare con una battuta. Lei dovrebbe venire a vivere in Sicilia per qualche anno e solo cosi capirebbe quanto la sua analisi risulti quantomeno approssimativa, addivenendo certamente a delle conclusioni molto più articolate e minuziose. Questa terra è stata ed è ancora martoriata da fenomeni di estrema vicinanza della politica alla criminalità organizzata. Il clientelismo è la norma non l’eccezione. Da noi esistono solo corsie preferenziali per amici degli amici e chi non si sottopone al rito dell’avere un padrone politico ha una sola possibilità per avere successo nella vita: andarsene.

La disaffezione alla politica in Italia nasce dalla distruzione del sistema dei partiti che garantiva coinvolgimento ed alfabetizzazione politica, supplendo alle mancanze dello Stato. In Sicilia invece nasce dalla presa di coscienza di una totale assenza della “normalità”. Normalità intesa come andare a fare una visita in ospedale senza chiedere all’amico di accelerare il turno; chiedere un trasferimento nella sanità e ottenerlo senza dover garantire a vita il voto di tutta la famiglia fino alla terza generazione al politico che quel trasferimento ha supportato; avere una strada pulita senza dover chiedere per favore all’assessore di mandare qualcuno a pulirla; avere l’acqua, sì l’acqua, perché deve sapere che ancora da noi esistono i turni di erogazione dell’acqua, che un referendum aveva stabilito dovesse essere un bene primario pubblico, e invece in Sicilia è totalmente privatizzata.

E se non ci fossero state le elezioni regionali, che in qualche modo hanno portato qualche siciliano in più alle urne, il dato dell’affluenza alle politiche sarebbe stato disastroso.

Aggiungo che il dato dell’affluenza per le regionali, che si attesta al 48,62% e dunque risulta palesemente più basso delle politiche, confermerebbe il mio modesto ragionamento: i politici siciliani mi hanno deluso molto più che quelli nazionali.

Potrei continuare ma penso che quanto scritto sia sufficiente a dire che il popolo siciliano non va a votare per altri motivi sicuramente non legati al maltempo.

Con stima, Salvo D’Addeo… un siciliano che anche se piove esce per andare a votare.

(l’immagine in evidenza è opera di Filippo Caranti – licenza CC BY-SA)