BELLEZZA E DIVERSITÀ: DALL’OSSESSIONE ALL’ISOLAMENTO IL PASSO È BREVE

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L’omologazione è il terreno di coltura dell’abbrutimento. Una cultura della diversità è necessario antidoto alla arrembante deriva indotta dai modelli massmediatici di standardizzazione e “perfezione”

Fermandosi ad osservare la società contemporanea, ad un certo punto guardandosi attorno, porsi la domanda “cos’è bello?” è naturale.

Hume disse: «la bellezza delle cose esiste nella mente di chi osserva».

Per la nostra società moderna, la bellezza è perfezione, essere perfetti è sinonimo di normalità. Ma direi per lo più omologazione, cioè di serie come le auto, tutti uguali: alti, magri, fighi, modaioli, insomma Ferragni docet.

Ormai la bellezza è un’ossessione, e più passa il tempo, l’età, peggio diventa…

Si seguono canoni dettati dai mass-media che ci bombardano di immagini, spesso ritoccate, dei vips e influencer del momento.

Ecco, allora tutti a seguire il tronista di turno o i modelli di turno.

Ma la cosa più assurda, quasi aberrante, è rendersi conto che c’è chi si sottopone ad interventi anche dolorosi, o a diete ferree solo per raggiungere quel canone di bellezza o, meglio, di perfezione che segue la massa.

Però, guai a sentire ‘sta gente parlare sui trucchi e segreti di bellezza, o dei sacrifici fatti per raggiungere il loro grado di “pseudo-perfezione”, sono tutti dei MIRACOLATI! A detta di tutti non fanno niente, si limitano a sostenere che conducono uno stile di vita sano! Si vanno a coricare simili a Maga Magò e la mattina si svegliano tipo Jessica Rabbit.

La verità è una, ma la vera bellezza è fatta da tante cose.

Si dice: il mondo è bello perché è vario, beh è verissimo!

Pensate al dipinto “L’Urlo” di Edvard Munch, se dovesse descriverlo un ignorante in storia dell’arte: direbbe che un bambino di 4 anni disegna meglio, è un disegno irregolare, inquieto, o peggio, sembra uno col mal di denti che pubblicizza uno studio dentistico.

The Scream

Ma il concetto è proprio questo: ognuno di noi è unico, inimitabile e la bellezza non è perfezione o “normalità”.

Ci sono persone che, ironicamente, si definiscono “diversamente normali” perché non rientrano nello stereotipo di massa di bellezza, ma sono proprio quelli che non si fermano all’apparenza. Poi ci sono i diversamente abili in carrozzina, come me, belli e mentalmente dotati e, per la loro condizione, messi da parte dalla società.

Iniziamo a riflettere che la bellezza è anche: NON È COME SEI MA DOVE SEI

Del resto su un altro pianeta, di una sperduta galassia, sono tutti alti 10 cm e larghi 90 cm.

Alex Zanardi che pedala con le braccia, con una forza tale che un suo abbraccio potrebbe toglierci il fiato, assieme a Giusy Versace che corre con due molle così veloce da fare invidia a Speedy Gonzales. Due sportivi belli e sgambati. Ancora, Annalisa Minetti: cantante e Miss Italia non vedente.

Sono belli, e non per i loro limiti, ma perché oggettivamente lo sono.

Immaginate un mondo di cloni: tutti uguali, tutti come la Canalis o Johnny Depp, ma nella testa non c’è nulla. Se invece fossimo tutti come Prodi o come la Merkel?

A questo punto, facile domandarsi: ma perché guardare una persona, diciamo, deformata in tv, con tette grosse come le angurie e labbra a canotto è bello, normale in questa società. Invece, per vedere qualcuno con alcuni “limiti” devo guardarmi Maria De Filippi che sfrutta i ragazzini down per fare audience, o il Grande Fratello che da un paio di anni – non se lo filava più nessuno – tra i concorrenti hanno un disabile: prima un non vedente, lo scorso anno un tetraplegico , prima ancora una ragazza senza un braccio.

Questo è pietosissimo, Pirandello diceva: «Ogni cosa, finché dura, porta con se la pena della sua forma, la pena di esser così e di non poter essere altrimenti». Ma più che altro, la verità è una: siamo nell’era del telecomando, cioè stiamo lì pronti a cambiare canale.

Allora lì che fanno i produttori dei programmi? Giocano d’astuzia.

Immaginate: Andrea Bocelli per esempio, ospite da Barbara D’Urso. Il suo programma va in onda alle 17.30, orario in cui ci sono con la tv accesa le casalinghe disperate, le nonnine sole, etc. Ecco, in quella fascia oraria Bocelli è un cantante non vedente, con una storia ricamatamente triste.

Ma dalle 19.30 alle 24.00, cambia il target degli spettatori. Niente tristezza, ed ecco che lo stesso Andrea Bocelli viene presentato come una voce straordinaria.

La pubblicità con la famiglia del Mulino Bianco con qualcuno in carrozzina sarebbe la realtà, non la famiglia che si sveglia con i sorrisi, tutti magri e belli. Ancora, avete visto Banderas che da quando fa la réclame tra flauti e campagnole ha preso 20 chili?

Lo spot dell’Original Marines con un bambino down, le passerelle milanesi con modelli e modelle in carrozzina: sarebbe anche giusto.

Ma che società è la nostra? Non si parla mai di disabilità, quasi fosse una malattia infettiva: sarebbe motivo per cambiare canale.

Non si parla mai di rispetto, anzi: gli si rubano i parcheggi, o gli si occupano gli scivoli, come qui da noi a Licata. Però si ha la faccia tosta di farsi dichiarare invalido per usufruire dei loro benefici di legge: ricordo che noi siamo la provincia de “i magnifici 104”.

Un bambino non nasce disabile ma, è la società che lo etichetta e lo isola, solo perché magari ha qualcosa che lo distingue dalla massa.

Non ci sono diversità al mondo che valgano l’isolamento. Tempo fa Luciana Littizzetto, sul palco dell’Ariston venne criticata per aver trattato questa tematica, perché parlava di diversità, che poi DIVERSI da chi???

Ma che futuro stiamo prospettando ai vostri figli?..

Beh se domani tra i vostri bambini ci saranno insegnanti che picchiano gli alunni disabili, o faranno i falsi invalidi, daranno alle fiamme un barbone o addirittura uccideranno i genitori per avere i soldi per vivere meglio. Beh, la colpa è soprattutto nostra che diamo più importanza all’apparire e non all’essere.

Robin Williams ne “L’attimo fuggente” declamava «Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che bisogna guardare le cose da angolazioni diverse».

Impariamo anche noi, perché la vita non è come quella che ci fanno vedere nelle fiction dove gli ammalati sono coccolati, i nonni sono tutti lucidi e perfetti, ma la verità è ben diversa.

La diversità è bellezza e la bellezza non è omologazione.

«Ogni essere umano è unico: rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà» (E. Breda).